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Stefano Rodotà

Il lungo sonno

Nel 1994 ho deciso di non candidarmi più.

"Più la politica diventava autoreferenziale, più mi accorgevo di una selezione, non voglio dire al rovescio, ma quantomeno povera.

Nel 1994 ho deciso di non candidarmi più.

Con l'avanzare del degrado culturale ho maturato un distacco non dalla politica, perché ho continuata a farla in tutti i modi possibili, ma dai partiti.

Di fronte all'involuzione dei partiti, non c'era solo l'antipolitica ma un'altra politica che andava riconosciuta.

Nasce da qui la mia attenzione verso i movimenti.

Tra la seconda parte del 2010 e la prima del 2011 hanno avuto anche vittorie significative:
la legge bavaglio è stata bloccata, poi i successi alle elezioni amministrative del 2011 e la vittoria nei referendum.

Tutto questo è il risultato di qualcosa che io chiamo "altra politica".

In tutte queste vicende i partiti, anche quando si sono in qualche modo svegliati, sono stati trascinati con grande fatica, perché non volevano identificarsi con quel mondo.

Mi pare che questo sia un problema aperto.

Ed ecco perché, malgrado la mia veneranda età, continuo a dire:
"bisogna stare sulla breccia."

In questi anni, insieme a studiosi giovani, ho provato ad aprire altri fronti.

Ad esempio la questione oggi molto discussa dei "beni comuni", che è stata al centro in particolare del referendum sull'acqua:
è diventata un grande tema, e ci dice che dobbiamo ripensare il concetto di proprietà.

C'è insomma una società molto attenta, viva, capace di iniziative e anche di successi.

La distanza dei partiti rispetto a tutto questo è grande, ed è motivo di preoccupazione.

Perché nel Paese si è aperto un vuoto politico e culturale che si è pensato di poter colmare con il governo dei tecnici.

Invece il degrado culturale e la lacerazione del tessuto sociale sono continuate.

Con il rischio che si possano produrre altre derive pericolose.

[In merito al Governo Monti]

All'inizio confesso che ho avuto qualche accento positivo per il fatto di esserci liberati da Berlusconi.

Ancora oggi, quando sento parlare di una sua nuova discesa in campo, mi vengono i brividi, anche se nulla si ripete allo stesso modo.

Ma quello di Monti è stato un governo di assoluto unilateralismo.

Non si può impunemente colpire in modo così frontale i diritti sociali.

Questo approccio sta già determinando non solo malessere, ma una rivolta sociale.

E di questo ci dobbiamo preoccupare.

Si dice governo dei professori, dei tecnici:
invece è un governo straordinariamente politico.

Deve tornare la buona politica, altrimenti resteremo prigionieri di un meccanismo che avrà l'occhio rivolto soltanto al funzionamento dei mercati, alle borse e allo spread.

Io, che ho avuto la fortuna di essere tra coloro che hanno scritto la Carta dei diritti fondamentali della UE, so che in quel testo ci sono tante lacune.

Ma ci sono anche i grandi valori di riferimento.

Non possiamo lasciarci alle spalle il modello sociale europeo dicendo:
"È l'economia bellezza".

L'Europa ha avuto la grande capacità di uscire da una logica tutta proprietaria, di inventarsi un altro modo di guardare ai diritti delle persone.

Questo è il grande tema che abbiamo di fronte.

Grazie alla storia della sinistra, alla quale io torno sempre.
Testardamente."

Stefano Rodotà
(17/04/2013)


( Sendivogius )

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