PARIGI
I venti nazionalisti che hanno portato Donald Trump al potere negli Stati Uniti, nei prossimi mesi stanno
soffiando forte anche in Francia?
Se lo chiede oggi, mercoledi' 18 di un freddissimo gennaio parigino, il quotidiano economico Les Echos commentando
in esclusiva i risultati dell'ottavo barometro della fiducia politica realizzato dalla societa' OpinionWay per il centro Cevipof
dell'Universita' di Scienze politiche di Parigi (Sciences-Po).
L'inchiesta, basata su un sondaggio di massa portato a termine nei giorni scorsi, traccia un ritratto
dei francesi come tutt'altro che impermeabili alle idee del nuovo presidente statunitense, anzi assai favorevoli
ad un'identica svolta anche per la Francia:
"C'e' una tendenza, che potrebbe sembrare paradossale, in favore di una maggiore liberta' per le imprese,
mentre allo stesso tempo aumenta lo scetticismo e il rigetto nei confronti della globalizzazione
e della sua supposta apertura sociale e culturale"
sintetizza Pascal Perrineau, responsabile del programma "Vita politica" della prestigiosa universita' parigina.
Il sondaggio mostra una maggiore adesione all'economia di mercato, confermata dalla diminuzione di quanti auspicano
al contrario una profonda riforma del sistema capitalistico in senso comunista.
D'altro canto pero' cresce fortemente la diffidenza e il rigetto dei francesi nei confronti della globalizzazione,
dai cui effetti vorrebbero essere maggiormente protetti e difesi dallo stato e quindi dal nuovo presidente che verrà eletto in primavera.
Ma e' anche sul piano culturale, ed ancora di piu' su quello sociale, che la globalizzazione suscita maggiori
resistenze e rifiuto nella vasta maggioranza dei francesi:
lo si puo' vedere attraverso l'affermazione che
"in Francia ci sono troppi immigrati",
condivisa nel sondaggio dal 64 per cento degli intervistati, mentre dopo l'ondata di attentati
il 62 per cento ritiene che l'Islam rappresenti una minaccia per la Repubblica
Inoltre il 43 per cento afferma senza
ipocrisie di circostanza che i figli degli immigrati africani e mediorientali, nati sul territorio della Francia, non siano veramente cittadini francesi.
Dall'indagine emergono poi altri segni di una nettissima svolta nazionalista della societa',
segni comuni anche ad altre nazioni del continente europeo:
"La volontà di accrescere le libertà private",
commenta il politologo di Sciences-Po,
"si accompagna alla richiesta di un ordine pubblico forte che difenda e protegga i cittadini".
Sul piano politico tutto cio', secondo Perrineau, si traduce nel desiderio di un'autorita'
in grado di imporsi:
il futuro capo dello Stato francese sara' colui o colei che
"meglio di chiunque altro sapra' gestire questi profondi desideri e necessità e prima di tutto di difesa
dalla globalizzazione.
Quindi,
"non si tratterrà più della classica divisione dell'elettorato tra destra e sinistra che è andato in crisi"
ma di due visioni della Francia, una oggi fortemente minoritaria che è mondialista e globalizzata opposta a una nazionalista
in difesa dei valori della Francia per i francesi che raccoglie ben oltre il 50% dei consensi dei futuri elettori chiamati presto
a votare per il nuovo presidente.