ref:topbtw-3393.html/ 17 Luglio 2022/A 

 
Sono 146 mila le imprese italiane che sono concretamente a rischio usura. 
Attività che attualmente danno lavoro a circa 500 mila addetti. 
Si tratta prevalentemente di imprese artigiane, esercenti/attività commerciali o piccoli imprenditori 
che sono “scivolati” nell’area dell’insolvenza e, conseguentemente, sono stati segnalati dagli intermediari 
finanziari alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia. 
Di fatto, questa “schedatura” preclude a queste attività di accedere a un nuovo prestito. 
A dirlo è l’Ufficio studi CGIA.
Per gli imprenditori coinvolti è la “morte civile”.
Per i destinatari di questa misura è come se fossero stati condannati alla “morte civile”;
 un istituto giuridico diffuso in Europa fino al XIX secolo che al condannato comportava la perdita di tutti
  i diritti civili e il conseguente allontanamento dalla società.
  
Ricordiamo, infatti, che chi è schedato presso la Centrale dei Rischi difficilmente può beneficiare 
   di alcun aiuto economico dal sistema bancario, rischiando, molto più degli altri, di chiudere o, peggio ancora, 
   di scivolare tra le braccia degli usurai.
  
 
Per evitare che questa criticità si diffonda, la CGIA continua a chiedere con forza il potenziamento 
	delle risorse a disposizione del “Fondo di prevenzione dell’usura”. 
	
Strumento, quest’ultimo, in grado di costituire l’unico  valido aiuto a chi si trova in questa 
	situazione di vulnerabilità. 
	
E’ bene ricordare che gli imprenditori che “finiscono” in questa black list della Banca d’Italia
	non sempre lo devono a una cattiva gestione finanziaria della propria azienda.
	
Nella maggioranza dei casi, infatti, questa situazione si verifica a seguito dell’impossibilità da parte
	 di molti piccoli imprenditori di riscuotere i pagamenti dei committenti o per essere “caduti” in un fallimento
	  che ha coinvolto proprio questi ultimi. 
	  
E’ comunque doveroso segnalare che nell’ultimo anno il numero complessivo delle attività segnalate 
	  alla Centrale dei Rischi è sceso di oltre 30 mila unità. 
	  
Questo lo si deve, in particolar modo,  all’attività di “prevenzione” innescata dalle significative
	   misure pubbliche di garanzia e dalla moratoria dei debiti per le Pmi introdotte in Italia dal 2020 
	   per contrastare la crisi pandemica che ha aumentato notevolmente lo stock complessivo 
	   dei prestiti erogati alle attività produttive. 
	   
Queste iniziative sono state più volte prorogate. 
		
Da ultimo, fino al prossimo 31 dicembre, data oltre la quale, il differimento potrebbe terminare 
definitivamente…
LINK a tutta la notizia:
http://www.cgiamestre.com/usura-rischiano-il-default-146-mila-pmi/
( CGIA Mestre ) 


   
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