Redazione - Milano
Cresce in Italia la diffidenza e il rancore nei confronti dell'Unione europea, con quasi sei italiani su dieci (58%)
che si sentono maltrattati dalle politiche comunitarie rispetto agli altri Paesi.
Solo una sparuta minoranza del 7% ritiene che l'Ue abbia un occhio di riguardo per l'Italia.
E' quanto emerge da una indagine Coldiretti/Ixè, effettuata in occasione della bozza di accordo tecnico
raggiunto tra Ue e Gran Bretagna, presentata all'incontro su Brexit, bilancio dell'Unione e agricoltura.
Se a spingere il distacco inglese è stata soprattutto la diffidenza verso gli euroburocrati,
invece sul rapporto tra gli italiani e l'Europa pesa il fatto che, sottolinea la Coldiretti, l'Italia
è contributore netto del bilancio Ue con un disavanzo di 37,7 miliardi di euro nel periodo 2010-2016,
ovvero l'Italia ha versato nelle casse della Ue quasi 38 miliardi in più di quanto la Ue abbia dato all'Italia
in termini di aiuti all'economia a tutti i livelli.
"Il risultato è che - precisa la Coldiretti - c'è un evidente squilibrio che penalizza i conti
economici del Paese e che la Brexit rischia di aggravare".
A spingere il sentimento di rivalsa e di rifiuto dei cittadini italiani nei confronti
dell'Unione europea, spiega l'indagine, c'è proprio il fatto che quasi la metà degli italiani (46%) è convinta
a ragione di essere in credito rispetto alla Ue, con una percentuale ben
superiore a chi ritiene di essere in debito (19%) e a chi considera che il rapporto
tra dato e ricevuto sia in pari (26%).
Ad alimentare il rigetto degli italiani per la Ue sono le politiche
di Bruxelles che per un 43% degli italiani sono decise dai Paesi più forti a cui
si aggiungono il 37% degli italiani convinti che a decidere sono soprattutto le lobby
finanziarie ed economiche, fatto anche questo vero.
E non manca chi tra gli italiani addebita le grandi contraddizioni della Ue alla burocrazia (12%),
mentre appena il 3% è convinto che a contare in Europa siano i cittadini degli stati che vi appartengono.
Peraltro, due italiani su tre (il 63 per cento) ritengono che le politiche dell'Unione Europea sul
cibo danneggino il Made in Italy a tavola, mentre solo il 10% crede che l'agroalimentare
tricolore stia beneficiando delle scelte comunitarie.
"La netta maggioranza degli italiani ritiene dunque - spiega Coldiretti - che la regolamentazione
comunitaria e le recenti scelte in materia di trattati internazionali non siano adeguate
a garantire la qualità, la sicurezza ma anche il rispetto delle tradizioni enogastronomiche della penisola".
Coldiretti ovviamente punta l'indice sul comparto agroalimentare e lo sottoliena il nuovo presidente, Ettore Prandini,
eletto pochi giorni fa:
Prandini, sottolinea che a pagare il conto della Brexit "non deve essere l'agricoltura che è un settore chiave
per vincere le nuove sfide che l'Unione deve affrontare, dai cambiamenti climatici
all'immigrazione alla sicurezza.
C'è l'esigenza di 'riequilibrare' invece la spesa facendo in modo - spiega - che la Pac possa recuperare
con forza anche il suo antico ruolo di sostegno ai redditi e all'occupazione agricola per salvaguardare
un settore strategico per la sicurezza e la sovranità alimentare e per contribuire
alla crescita dell'intera economia europea".
Secondo Prandini
L'Italia dovrebbe incassare di più se si tiene conto della ricchezza prodotta per ettaro
con il valore aggiunto per ettaro nazionale che è più del doppio della media Ue a 28,
oltre il triplo di Germania e Regno Unito, il 58% in più rispetto al valore aggiunto spagnolo
e il 153% in più dei cugini francesi.
La maggiore flessibilità prevista dalla proposta di riforma Pac dovrebbe
favorire - spiega ancora il presidente di Coldiretti - una strategia a
livello nazionale che risarcisca quei settori che finora non hanno visto un centesimo".
"Per la Coldiretti oltre al mantenimento del budget, con la nuova Pac la Ue deve puntare su
nuovi criteri per tener conto della capacità dell'azienda agricola di creare occupazione
e mantenere vitale l'economia nei territori rurali, investire sui giovani
e rendere più efficaci ed efficienti gli strumenti per affrontare le crisi,
migliorare la lotta alle pratiche commerciali sleali.
Una Pac infine che - conclude Prandini - deve vincere l'omologazione e valorizzare la qualità
e la distintività dell'agroalimentare".
( Redazione Milano )
"Per questo è necessario che il nostro Paese si batta contro ulteriori tagli nel nuovo bilancio europeo a carico
della Politica agricola comune (Pac) che aggraverebbe la condizione di pagatore netto del nostro Paese".
"vanno ribaltati anche gli attuali parametri per l'assegnazione delle risorse.