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ref:topbtw-1430.html/ 24 Ottobre 2018/A



Sul filo di lana oppure sul filo del rasoio ?

Letture del Tempo Presente . Cap. 2

Tra fondali di plastica, plagi cinematografici, trionfi vintage ed iconografie pop per nostalgici degli Anni' 80, si consumano i rituali stanchi del renzismo declinante nell'allegro funerale della "Leopolda":
lo spettacolino provinciale, imbastito ad uso e consumo del fan-club degli ultimi irriducibili, adunati per appagare l'ego malato di un narcisista patologico che non riesce proprio ad andare oltre il suo recinto fiorentino elevato ad ombelico del mondo.

E non si capisce bene se si ha a che fare con una terapia di gruppo o un training autogeno, nell'Adoremus collettivo del corpo sempre più abborracciato del tronfio fanfarone di Pontassieve, imprigionato tra le lamiere della sua macchina del tempo ferma alla vittoria delle elezioni europee del 2014 (le uniche che abbia mai vinto) e gli immancabili 80 euro.

Una roba imbarazzante!

Ascoltare un Matteo Renzi che distribuisce patenti di cialtronismo, rischia di nobilitare anche il peggiore dei gaglioffo, tanto resta inarrivabile il modello originale, mentre va in onda il One Man Show di questa bulimica macchietta disperatamente alla ricerca della ribalta, in attesa che cali il sipario alla stregua di un pietoso sudario.

Stessa spocchia, stessa strafottenza (e non se la può proprio permettere), stessa arroganza sconfinata di sempre, nella celebrazione di sé.

Autocritica zero.

Poi dici che ci toccano un Matteo Salvini o un Luigi Di Maio, le due facce della stessa patacca.

"Purtroppo per lui, e forse anche per tutti noi, Matteo Renzi non sarà mai all'altezza del suo attuale modello politico, il gigante satrapo Mao.

Tuttavia, per scoprire in che modo abbia scelto di procedere, almeno tatticamente, come quest'ultimo, basterà prestare attenzione al cartello-manifesto dell'imminente, sempre e solo sua, Leopolda 9 - "Ritorno al futuro", dove l'icona è una dragster da pista di Indianapolis - sia pure in assenza di un probabile avvenire che possa narcisisticamente riguardarlo, cioè
"Non è un appuntamento del PD",
testuale.

Traduzione da Bar "Twitter":
Ci conosciamo?
Ognuno per la sua strada.
Chi fa da sé fa per tre...

Ora, siccome si tratta di una strada impervia, dove forse perfino le jeep del pensiero politologico faticherebbero ad avventurarsi, Renzi prende comunque le distanze dalla ditta iniziale, dai suoi stessi soci, proprio come avvenne in Cina da parte del Grande Timoniere con la "rivoluzione culturale", quando, era il 1966, questi espressamente chiese alle "sue" giovani guardie rosse di "Bombardare il quartier generale!".

Fuor di metafora, Renzi ignora così di aver ulteriori passi da condividere con gli (ex?) amici di strada, comprese le controfigure e i segnaposto ufficiali e non cui lo associamo, li abbandona, e marca plasticamente la propria distanza perfino dal "Nazareno", in una sorta di piccato e pizzuto
"Non ho il piacere".

Un grado zero del linguaggio politico che non stupisce, soprattutto conoscendo l'attitudine dell'uomo alla semplificazione pop, così come potrebbe intenderla più Bonolis che Warhol.

Va da sé che si tratta di una pura tecnica di sopravvivenza, non priva d'azzardo, forse perfino ignara dello spirito del tempo che soffia in tutt'altra direzione politica e perfino culturale, se è vero che nella propaganda sovranista Renzi è descritto come caricatura ben più d'altri.

Assodato ancora che Renzi non voglia concedere alla platea fiorentina, sebbene amicale, spunti d'analisi che spieghino come, perdonate la parafrasi brechtiana, le fatiche dei monti sono dietro di lui, davanti a lui ora le fatiche delle pianure, questa sua scelta di proterva reticenza pesa molto più del cartello che Pasolini mette in apertura di
"Uccellacci e uccellini",
film sulla crisi della sinistra di cinquant'anni fa, dove il responso sul futuro veniva chiesto proprio a Mao Tse-tung:
"Dove va l'umanità?
Boh?".

Cosa poi lo stratega intenda per "daremo spazio agli interventi del popolo della Leopolda"(sic) aggiunge inquietudine a propaganda.

Da Herzen a Peron, da Achille Lauro a, va da sé, ancora Mao con il suo in-hoc-signo-vinces "Servire il popolo", questa renziana, ennesima declinazione sempre più fantasmatica e arbitraria di un articolo socio-antropologico e perfino ludico della merceologia elettoralistica mette un po' i brividi.

Soprattutto se sembra ormai aggiudicata da altri, non necessariamente più meritevoli di Matteo, intendiamoci, certamente però meno usurati da un'esperienza di governo percepita come fallimentare se non (e qui si aggiunge anche Tommaso Aniello d'Amalfi, detto Masaniello) "affamatrice".

Un destino politico che lo ha segnato pure come prodotto "antipatizzante", destini inaccettabili in ogni storia di marketing.

L'ulteriore precisazione da parte del padrone di casa quasi a conferma del nulla spettacolare che "Leopolda 9" rischia d'essere, riguarda i contributi attesi:
"Cinque minuti e torna il gong per chi la fa troppo lunga" (sic).

E ora, di fronte a questa minaccia, chi ha memoria dei protomartiri del renzismo, sia pure sotto altri panneggi ministeriali, deve rammentare la fucina-bacillario cerimoniale del renzismo stesso, quel "VeDrò" di Enrico Letta dove, in un ex opificio a ridosso del lago di Garda, or sono quasi dieci anni, avviene il collaudo di una "nuova" giovane classe dirigente destinata a cancellare ogni traccia post-comunista dai Ds già PD, cioè nulla che potesse ancora far riverberare i catarifrangenti della sinistra, così in nome di una categoria easy della duttilità politica già chiamata consociazione, magari legittimata da sponsor forti, il cui frutto politico più paradigmatico, non è una battuta, risiede nelle nozze tra la forzista Nunzia De Girolamo e il dem Francesco Boccia.

Perfino a discapito del gabbato Enrico Letta, molti soggetti di quella storia lacustre figureranno poi, tra un "ciaone" e l'altro, tra i quadri del renzismo giunto nei ministeri e forse anche nelle società partecipate.

Ciò non toglie che, in assenza delle anime belle già veltroniane, lo scrittore Baricco o lo psicanalista per ceti medi riflessivi Massimo Recalcati, nel privé della Leopolda 9 possano esserci figure benemerite dell'attualità come Roberto Burioni, il medico che ha rispedito ai mittenti "similabili" la subcultura novax.

Burioni sarà lì, appunto, tweet vivente, finalmente in carne, ossa e camice bianco.

Non basterà però a definire una carta d'intenti che, fra poco altro, guarda a Macron, il presidente che finora ha avuto il merito di ridare forza all'opposizione sociale nell'Esagono, con lui la Cgt, il Pcf, l'insieme di "La France Insoumise" di Jean-Luc Mélenchon e perfino i trotskisti del Npa sono nuovamente in piazza, tra Gare de L'Est e Bastille e in molte altre città, in difesa dei diritti sociali, scuola e sanità.

Precisare infine che "alla Leopolda il tema del congresso del PD non sarà neanche toccato"
perché
"si parla di politica, non di un singolo partito",
oltre a essere rivelatorio dell'intenzione maoista che già riferivamo, per non dire di un'idea acefala del pensiero stesso, dove oltre a dissociarsi dai propri amici di strada, non è affatto chiaro dove e a cosa possa approdare il pervicace narcisismo di Renzi, chiarito che non c'è altro da rilevare oltre questo diktat.

Se mai avessimo bisogno di una metafora ulteriore per stigmatizzare questa sua festa tutta personale, basterebbe fare caso a un'avvertenza del sito ufficiale della manifestazione rivolta agli ospiti:
"I bagagli:
non portateli alla Leopolda".

Come dire, qui le idee sono un ingombro, anche le più idonee a negare il sentore stesso di sinistra, e dunque, anche il convitato-segretario di pietra Marco Minniti, nell'ex stazione dalla quale è stato cancellato ogni segno del tempo della "canaglia pezzente" del Metello di Vasco Pratolini, e forse perfino della rivolta dei preti "ribelli" della Comunità dell'Isolotto, giusto per restare nella storia delle lotte "civili" di Firenze, va immaginato dentro la sua confezione, come un Big Jim, modello poliziotto, in attesa ancora d'essere acquistato e liberato dal blister."

"Una Leopolda maoista"
di Fulvio Abbate
(19/10/2018)


Demagogo: uno che predica dottrine che sa false a gente cha sa cretina.. ( H.L. Mencken )

( Sendivogius )

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